LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile in grado d'appello rubricato al numero di Ruolo Generale sopra indicato e vertente tra Giuseppe Marchesi e Rina Lampugnani, rappresentati e difesi in causa dall'avv. Gian Piero Geminiani, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo, in Milano, via Rugabella n. 1, in forza di procura rilasciata in calce alla comparsa di costituzione con nuovo difensore in appello, appellanti e avv. Rosangela Sirellini, rappresentata e difesa in causa dagli avvocati Elena Ardissone e Marco Branzoli ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Milano, via Bonvensin De La Riva n. 9, in forza di procura rilasciata in calce alla copia notificata dell'atto di citazione d'appello, appellata. Rilevato in fatto Con atto notificato in data 4 maggio 2004, i sigg.ri Rina Lampugnani e Giuseppe Marchesi citarono in giudizio avanti al tribunale di Pavia l'avvocato Rosangela Sirellini, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 120/2004 con cui il giudice designato del predetto tribunale aveva loro ingiunto il pagamento dell'importo di € 9.531,65 a favore della convenuta-opposta, a titolo di compenso professionale per l'attivita' difensiva svolta da quest'ultima in loro favore in un diverso procedimento civile. Gli opponenti affermavano, a sostegno dell'opposizione, che la parcella azionata dall'avv. Sirellini, che li aveva difesi nel giudizio introdotto nei loro confronti dalla societa' FIN.CE. S.r.l. (avente ad oggetto la reintegra nel possesso di una striscia di terreno), era stata erroneamente calcolata sul presupposto che la causa fosse di valore indeterminato; al contrario, secondo la prospettazione degli opponenti, il terreno oggetto della contestazione aveva il ben determinato valore di € 1.032,91, con la conseguenza che il difensore avrebbe dovuto essere remunerato tenendo conto di tale valore, e quindi con un importo considerevolmente inferiore a quello richiesto. La convenuta-opposta si costitui' in giudizio eccependo la tardivita' ed improcedibilita' dell'opposizione; evidenzio' in particolare, a questo riguardo, che la notifica del decreto ingiuntivo si era perfezionata ai sensi dell'art. 140 c.p.c. in data 22 marzo 2004, mentre l'atto di opposizione era stato notificato solo il 4 maggio 2004, e cioe' oltre il prescritto termine decadenziale di quaranta giorni. Con sentenza n. 580/2005 pronunciata in data 28 luglio 2005 - 9 settembre 2005, il tribunale di Pavia, ritenendo fondata l'eccezione della convenuta, dichiaro' improcedibile l'opposizione e condanno' gli opponenti a rifondere le spese di lite sostenute dall'avv. Sirellini. La motivazione sulla cui base il tribunale e' giunto a tale conclusione si sviluppa attraverso i seguenti passaggi argomentativi: «Dalla documentazione prodotta dalla difesa dell'avv. Sirellini si evince che il decreto ingiuntivo fu notificato ai sensi dell'art. 140 c.p.c. in data 22 marzo 2004, giorno in cui l'ufficiale giudiziario, eseguito il deposito presso la casa comunale e affisso l'avviso alla porta dell'abitazione, invio' ai debitori la raccomandata con avviso di ricevimento contenente l'avviso del prescritto deposito; tale atto fu ricevuto dagli opponenti in data 30 marzo 2004. La giurisprudenza della S.C. e' costante nell'affermare che: ''La notificazione eseguita a norma dell'art. 140 c.p.c. si perfeziona quando l'ufficiale giudiziario, a completamento delle altre formalita', abbia spedito la raccomandata con la quale da' notizia degli estremi dell'atto, mentre resta irrilevante la consegna di detta raccomandata'' (per tutte Cass. 20 novembre 2000, n. 14986, Cass. 27 giugno 1994, n. 6187, Cass. sez. un 13 gennaio 2005, n. 458). La sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, citata dagli opponenti ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 149 c.p.c. e dell'art. 4, terzo comma, legge n. 890/1982 (...). La sopra descritta norma, cosi' come modificata dal Giudice delle leggi, non e' applicabile al caso di specie perche' il decreto ingiuntivo non e' stato notificato ai sensi degli artt. 149 c.p.c. e 4 legge n. 890/1982, bensi' ai sensi dell'ad. 140 c.p.c. La notifica, pertanto, e' perfezionata anche per il destinatario alla data de! 22 marzo 2004; l'atto di opposizione notificato a mezzo posta e consegnato agli ufficiali giudiziari in data 4 maggio 2004, pertanto, e' tardivo; in assenza dei presupposti di un'opposizione tardive, peraltro non proposta, l'opposizione deve essere dichiarata improcedibile». Per la riforma di tale sentenza hanno interposto gravame avanti a questa Corte d'appello i sigg.ri Giuseppe Marchesi e Rina Lampugnani con atto di citazione notificato in data 5 dicembre 2005. Essi hanno articolato un unico motivo d'impugnativa, censurando l'opinione del tribunale, secondo cui la notifica effettuata ai sensi dell'art. 140 c.p.c. prenderebbe data, (anche) per il destinatario della stessa, dal momento in cui l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell'atto da notificare presso la casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla porta dell'abitazione, spedisce ai notificatari la raccomandata con avviso di ricevimento contenente notizia dell'avvenuto deposito. Secondo gli appellanti tale assunto non reggerebbe sotto due profili: 1) perche' il tribunale ha mostrato di ritenere che la notifica ex art. 140 c.p.c. prenderebbe data per entrambe le parti - il notificante e il destinatario - da un unico momento, coincidente con l'ultimo momento dell'iter notificatorio (spedizione della raccomandata), in tal modo disapplicando il principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio affermato dalla nota sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, poi confermata anche dalla successiva ordinanza n. 117 del 12 marzo 2004, essendosi precisato con tali pronunce che nell'ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulla notificazione degli atti, risulta ormai presente il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; 2) perche' non ha considerato che, alla luce del suddetto principio, la data della notifica effettuata ex art. 140 c.p.c. non puo' che essere, per il destinatario della stessa, successiva al momento di spedizione della raccomandata, e coincidere o con la data in cui egli ritiri effettivamente il piego raccomandato, o con una data convenzionale pari a quella prevista nella contigua materia delle notifiche a mezzo posta (dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata), e cio' per la necessita' di conformare il procedimento ex art. 140 c.p.c. a quello - strutturalmente analogo - previsto in materia di notifiche di atti giudiziari a mezzo posta dall'art. 8 della legge n. 890 del 20 novembre 1982, come modificato dal d.l. n. 35/2005. Con riferimento specifico a questo secondo profilo, gli appellanti evidenziano in particolare che, ai sensi del citato art. 8, quando l'agente postale non puo' recapitare il piego postale per motivi analoghi a quelli che determinano - quando la notifica sia fatta dall'ufficiale giudiziario - l'applicazione dell'art. 140 c.p.c., deve anche lui inviare un avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di' ricevimento, e in tal caso - secondo quanto prevede il quarto comma della predetta norma - la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. Questa procedura, dunque, secondo la tesi degli impugnanti, sarebbe strutturalmente simile, se non proprio identica, a quella prevista dall'art. 140 c.p.c., con l'unica differenza che, nell'un caso, l'ufficiale giudiziario provvede al deposito dell'atto da notificare presso la casa comunale, mentre, nell'altro, l'agente postale provvede al deposito del piego presso l'ufficio postale. Cio' nondimeno l'art. 8 introdurrebbe una regola diversificata, laddove attribuisce al destinatario dieci giorni di tempo utile dalla spedizione della raccomandata per ritirare l'atto presso l'ufficio postale, senza che tale periodo decorra a suo svantaggio; mentre invece l'art. 140 c.p.c., nell'interpretazione della S. Corte fatta propria dal tribunale, farebbe coincidere la data della notifica - per il destinatario - con la stessa data di spedizione della raccomandata. Affermano quindi gli appellanti che, se non si interpretasse anche l'art. 140 c.p.c. come norma necessariamente contenente una previsione analoga a quella del citato art. 8, nel senso di ritenere perfezionata la notifica per il destinatario, anche in caso di notifica ex art. 140 c.p.c., dopo dieci giorni dalla spedizione della raccomandata (o dal momento del ritiro dell'atto, se anteriore) anziche' gia' al momento della spedizione stessa, il fatto che il destinatario di una notifica ex art. 140 non possa beneficiare di tale lasso di tempo di dieci giorni manifesterebbe una ingiustificata dispanta' di trattamento con conseguente violazione dell'art. 3 Cost., perche' casi identici verrebbero trattati in modo ingiustificatamente diverso. Nella previsione ditale evenienza, essi sollecitano dunque questa Corte a sollevare incidente di costituzionalita'. Nel procedimento d'impugnativa si e' costituita l'appellata avv. Rosangela Sirellini, resistendo al gravame. La causa e' stata quindi trattenuta in decisione da questa Corte sulle conclusioni precisate all'udienza del 23 settembre 2008, previa assegnazione - nei limiti temporali previsti dagli artt. 190 e 352 cod. proc. civ. - dei termini, rispettivamente, di quarantacinque e di venti giorni per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Ritenuto in diritto 1. - Questa Corte in effetti dubita, e percio' decide di sollevare la relativa questione di legittimita' costituzionale cosi' dando seguito alla richiesta svolta al riguardo dagli appellanti, della conformita' a costituzione dell'art. 140 c.p.c., nella parte in cui, cosi' come interpretato dalla ormai univoca e costante giurisprudenza della S. Corte di cassazione (tanto da potersi parlare in proposito di «diritto vivente»), fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dal momento in cui l'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell'atto da notificare presso la casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla porta dell'abitazione, completa l'iter notificatorio inviando al destinatario una raccomandata con avviso di ricevimento contenente notizia dell'avvenuto deposito. Il dubbio investe la suddetta norma anzitutto - e principalmente - in rapporto al principio di uguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al tertium comparationis costituito dall'analoga fattispecie notificatoria prevista dall'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, come modificato dal d.l. n. 35/2005, laddove questa norma prevede, al quarto comma, in relazione al caso in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutino di riceverlo, ovvero l'agente postale non possa recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneita' o assenza delle persone sopra menzionate, che il piego venga depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza, e che del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza l'agente postale dia notizia al destinatario inviando un avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, puntualizzandosi che, in tale ipotesi, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. Secondariamente il dubbio puo' porsi anche in relazione all'art. 24 Cost. per la conseguente violazione del diritto di difesa che dalla detta diversa disciplina puo' conseguire in via differenziale a danno del destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c. 2. - E' di solare evidenza che tale questione e' rilevante ai fini del decidere in questo giudizio, poiche' in esso si discute proprio di quale sia la data di notifica del decreto ingiuntivo - effettuata ex art. 140 c.p.c. - da considerare efficace per i destinatari, attuali appellanti: laddove, seguendosi la tesi della S. Corte, fatta propria dal tribunale, secondo cui tale data coinciderebbe con il giorno in cui l'ufficiale giudiziario spedisce al destinatario la raccomandata (nella specie il 22 marzo 2004), l'opposizione dovrebbe nella specie considerarsi, come gia' opinato dal tribunale, tardiva e quindi improcedibile, perche' proposta oltre il termine decadenziale di quaranta giorni di cui all'art. 641, primo comma, c.p.c. (l'atto di opposizione essendo stato notificato a mezzo posta e consegnato agli ufficiali giudiziari in data 4 maggio 2004); mentre, reputandosi che la data coincida con il giorno di effettivo ritiro del piego (30 marzo 2004) o con il decorso dei dieci giorni successivi alla spedizione (1° gennaio 2004), l'opposizione monitoria dovrebbe considerarsi tempestiva e quindi procedibile. 3. - Quanto al requisito della non manifesta infondatezza della questione in relazione alla segnalata disparita' di trattamento lesiva dell'art. 3 Cost., oltre che in relazione alla compressione del diritto di difesa lesiva dell'art. 24 Cost., esso puo' ritenersi sussistente alla luce delle seguenti considerazioni. L'art. 140 c.p.c. e l'art. 8, legge 20 novembre 1982, n. 890, prevedono modalita' notificatorie al quanto simili in presenza di analoghi presupposti di fatto. In entrambi i casi, sia pure descritti nei due articoli in modo letteralmente non identico, la notifica non puo' effettuarsi direttamente al destinatario, perche' questi non e' reperibile in loco o perche' le persone abilitate a ricevere il piego in luogo di lui rifiutano di riceverlo, ovvero perche' vi e' temporanea assenza del destinatario o la mancanza, inidoneita' o assenza delle persone sopra menzionate. Ecco allora che, in un caso, quello di cui all'art. 140 c.p.c., l'ufficiale giudiziario deposita la copia dell'atto da notificare nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario, e gliene da' notizia per raccomandata con avviso di ricevimento; analogamente, nel caso di notifica ex art. 8 legge n. 890/1982, l'agente postale deposita il piego presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza, e del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza da' notizia al destinatario mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento. In sostanza, l'unica vera differenza strutturale e' che, nell'un caso, l'ufficiale giudiziario provvede al deposito della copia presso la casa comunale, mentre, nell'altro, l'agente postale provvede al deposito del piego presso l'ufficio postale (ove nel primo caso e' invece depositato solo l'avviso, in caso di assenza del destinatario al momento in cui avviene il tentativo di consegna della raccomandata). Si tratta allora di verificare se questa differenza possa ex se giustificare l'operare della successiva regola differenziatrice secondo cui solo nella notifica postale il destinatario ha dieci giorni di tempo dalla spedizione della raccomandata per ritirare l'atto presso l'ufficio postale, senza che tale periodo decorra a suo svantaggio, laddove invece l'art. 140 c.p.c. - secondo la tradizionale interpretazione di legittimita' - farebbe coincidere la data della notifica con la stessa data di spedizione della raccomandata. Una tale verifica non puo' trascurare di segnalare brevemente lo sviluppo che, nell'ultimo decennio, ha contrassegnato l'interpretazione e la modificazione legislativa delle norme in oggetto. Giova allora anzitutto rammentare che un primo importante intervento si ebbe con la pronuncia della Corte cost. n. 346 del 1998, in cui la Consulta pose in rilievo l'esistenza di un'ingiustificata disciplina discnminatoria a danno del destinatari di notifiche a mezzo posta rispetto ai destinatari di notifiche effettuate ai sensi dell'art. 140 c.p.c. La Corte dichiaro' - tra l'altro - costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., l'art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneita' o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalita' descritte e del deposito del piego fosse data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento. Il Giudice delle leggi pose a fondamento della sua decisione in primo luogo la constatazione secondo cui, «nel sistema delineato dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, l'ufficiale giudiziario puo' utilizzare il servizio postale per la notificazione di tutti gli atti in materia civile, amministrativa e penale, salvo che l'autorita' giudiziaria disponga, o la parte richieda, che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, primo comma). In materia civile e amministrativa, inoltre, egli deve sempre avvalersi del servizio postale perle notificazioni da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l'ufficio, eccetto che la parte chieda che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, secondo comma). Salva la richiesta del notificante di eseguire la notificazione personalmente, l'ufficiale giudiziario ha dunque la facolta' - e talvolta l'obbligo - di utilizzare il servizio postale». Cio' premesso, rilevo' quindi che la diversita' di disciplina tra le notificazioni a mezzo posta e quelle eseguite personalmente dall'ufficiale giudiziario non potesse ne' dovesse comportare una menomazione delle garanzie del destinatario delle prime. Osservo' in particolare che, mentre l'art. 140 cod. proc. civ. imponeva ed impone all'ufficiale giudiziario di dare comunicazione al destinatario, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, del compimento delle formalita' indicate, allo scopo di garantire che il notificatario abbia un'effettiva possibilita' di conoscenza dell'avvenuto deposito dell'atto; una disposizione siffatta mancava invece nella disciplina censurata (ossia quella posta dal citato art. 8), che, pertanto, risultava, al tempo stesso, priva di ragionevolezza e lesiva della possibilita' di conoscenza dell'atto da parte del notificatario e, quindi, del diritto di difesa costituzionalmente garantito, perche': «se rientra nella discrezionalita' del legislatore la conformazione degli istituti processuali e, quindi, la disciplina delle notificazioni, un limite inderogabile ditale discrezionalita' e' rappresentato dal diritto di difesa del notificatario». La Corte non manco' neppure di segnalare che: «le insufficienti garanzie di conoscibilita' che presenta per il notificatario la notificazione a mezzo del servizio postale derivano, in ultima analisi, dalla scelta del modo di notificazione effettuata da soggetti, l'ufficiale giudiziario e il notificante, privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilita' dell'atto da parte del notificatario: il solo notificante, infatti, puo' richiedere all'ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e, qualora cio' non faccia, l'ufficiale giudiziario puo' a sua discrezione, scegliere l'uno o l'altro modo di notificazione». Per effetto della suddetta sentenza della Consulta, l'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890 e' stato dunque applicato, fino al 2005, come se prevedesse l'obbligo di invio della raccomandata da parte dell'agente postale. Il legislatore, come s'e' detto, e' poi intervenuto nel 2005 - dando anche specifica attuazione normativa alla pronuncia della Consulta -, cosi' modificando il citato art. 8, legge n. 890/1982 con l'art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, in legge 14 maggio 2005, n. 80 («Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale»). A seguito ditale modifica la norma prevede ora che (comma 2) «se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l'agente postale non puo' recapitano per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneita' o assenza delle persone sopra menzionate, il piego e' depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza e' data notizia al destinatario, a cura dell'agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda»; si aggiunge poi (al comma 4) che «la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore». In tal modo, pero', com'e' agevole constatare, il legislatore non si e' limitato a introdurre in modo espresso l'obbligo di spedizione della raccomandata, ma ha anche posto una regola di maggior tutela per il destinatario della notifica attraverso la fissazione di un termine (massimo) di dieci giorni per il ritiro del piego, termine utile a far decorrere gli effetti della notifica per il destinatario stesso alfine dello svolgimento di ogni ulteriore e successiva attivita' processuale di suo interesse. Pertanto, quanto alle notifiche di atti giudiziari a mezzo posta nei casi di assenza o rifiuto di cui all'art. 8, secondo comma, legge n. 890/1982, il sistema - ormai basato sul generale principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio (come cerziorato anche da Corte cost. 23 gennaio 2004 n. 28) - si completa in questo senso : per il notificante, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 477/2002, la notifica si perfeziona comunque al momento della consegna dell'atto da notificare; per il notificatario, si perfeziona decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. Ne risulta, pero', un capovolgimento vero e proprio rispetto al sistema precedente, in cui era l'art. 8 ad apprestare una disciplina meno garantista per il notificatario rispetto a quella apprestata - in presenza di analoghi presupposti di fatto - dall'art. 140 c.p.c. Ora, infatti, il destinatario di una notifica di un atto giudiziario a mezzo posta fruisce di un termine comunque maggiore (fino ad un massimo di dieci giorni) rispetto a quello di cui puo' fruire il destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c. Per la tradizionale, costante, consolidata interpretazione di legittimita' dell'art. 140 c.p.c., infatti, la notifica si perfeziona in questo caso, per il notificatario, gia' al momento di spedizione della raccomandata. Che si tratti di «diritto vivente» e' stato del resto riconosciuto finanche dalla stessa Corte cost. (con la sentenza 12 marzo 2004, n. 97), ne' puo' ritenersi il contrario solo perche' tale interpretazione, che prima veniva propugnava dalla 5. Corte di cassazione indifferentemente con riguardo agli effetti della notifica ex art. 140 c.p.c. sia per il notificante che per il notificatario, ora, a seguito della coerente applicazione del principio di scissione soggettiva, continua ad essere affermata solo con riguardo agli effetti della notifica per il destinatario. Infatti la S. Corte di cassazione, anche in occasione delle sue piu' recenti pronunce sul tema (anche successive a Cass., S.U., n. 458 del 13 gennaio 2005; cfr. ad es. Cass., sez. 3, n. 3685 del 21 febbraio 2006; ma, indirettamente, anche Cass. n. 23576 del 3 novembre 2006; Cass. n. 6218 del 16 marzo 2007; Cass., S.U., n. 627 del 14 gennaio 2008), con le quali ha riaffermato, giustappunto a proposito della notifica ex art. 140 c.p.c., il principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio (che - secondo la tesi prospettata nel caso di specie dagli appellanti - il giudice di primo grado non avrebbe comunque ben compreso o applicato), ha precisato - e gia' dall'alto del suo piu' alto consesso - che la notificazione ex art. 140 c.p.c. deve ormai reputarsi eseguita, per il notificante, con la consegna dell'atto da notificare all'ufficiale giudiziario, ma, per il destinatario, come si e' sempre reputato anche in passato, con il compimento dell'ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento). In tale contesto, l'unica precisazione aggiuntiva fatta dalla S.C. a tutela del destinatario riguarda pur sempre gli effetti della notifica per il notificante. Essa, infatti, ha ritenuto di dover fare salva in ogni caso la necessita' che l'avviso di ricevimento sia allegato all'atto notificato, poiche' la sua mancanza provoca la nullita' della notificazione per impossibilita' di accertare che questa sia effettivamente pervenuta al destinatario o nella sua sfera di effettiva conoscibilita'; nullita' che, peraltro, puo' restare sanata per effetto della costituzione del destinatario o della rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ. Pur in presenza di tale specificazione, la S. Corte non ha ritenuto di poter trarre in via interpretativa regole di maggior tutela per il notificatario, continuando dunque ad opinare che la data di notifica per quest'ultimo ancora debba coincidere con la data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento (e non con la data di effettiva ricezione dell'atto da notificare o con una data convenzionale comunque successiva alla spedizione). Cio', si e' affermato, sarebbe conseguenza anche del fatto che la data di notifica per il destinatario puo' avere come riferimento i variabili momenti volta a volta ritenuti idonei dal legislatore ad individuare l'entrata dell'atto nella sfera di conoscibilita' «giuridica» del destinatario della notifica. Esaminando quindi proprio la consimile fattispecie notificatoria disciplinata dall'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, la S.C. ha ritenuto che questa non possa essere applicata anche alla raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario, in ipotesi di notifica a persona irreperibile, da' notizia del compimento delle operazioni previste dall'art. 140 cod. proc. civ., ritenendo che le modalita' di notificazione previste nell'articolo 140 c.p.c. siano appunto autonomamente idonee a porre l'atto nella sfera di conoscibilita' del destinatario (Cass. 26 febbraio 2008, n. 4959; Cass. 15 giugno 2007, n. 13984; Cass. 21 febbraio 2006, n. 3685; Cass. 8 gennaio 2002, n. 131; Cass. 26 gennaio 2000, n. 857). Il S. Collegio ha avuto anche modo di precisare che l'eventuale diversita' di disciplina con altri tipi di notificazione come quella a mezzo posta puo' trovare obiettiva giustificazione nella diversita' dei relativi presupposti, il che escluderebbe che l'art. 140 c.p.c. si ponga in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.; ad esempio, nella notificazione a mezzo del servizio postale, il piego che e' depositato presso l'ufficio postale ed eventualmente resti ivi in giacenza per un tempo ritenuto non congruo dal giudice delle leggi, contiene l'atto da notificare, mentre, nell'ipotesi prevista dall'art. 140 cod. proc. civ., il piego in giacenza non contiene tale atto, bensi' l'avviso che lo stesso e' depositato presso la casa comunale. In effetti tale differenza sussiste, ma a ben vedere e' stata posta in rilievo dalla S. Corte per escludere una lesione ai principi costituzionali di uguaglianza e difesa soprattutto, se non esclusivamente, in relazione alla durata del tempo di giacenza del plico, e non in relazione alla data da cui dovrebbe prendere efficacia la notifica per il destinatario. La S. Corte ha altresi' osservato che «la Corte costituzionale, nel dichiarare l'illegittimita' dei commi secondo e terzo dell'art. 8 cit., ha avuto riguardo proprio alla notificazione di atti giudiziari a mezzo del servizio postale (non ad altre attivita' cui la relativa disciplina potesse ritenersi estensibile), ed ha ritenuto che la tutela del diritto di difesa del destinatario della notificazione a mezzo del servizio postale possa conseguirsi attraverso le medesime garanzie gia' previste dall'ad. 140 c.p.c. per la notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario, ossia la giacenza dell'atto da notificare per un tempo non eccessivamente limitato e l'avviso, a mezzo di lettera raccomandata, delle attivita' compiute. La procedura di notifica prevista dall'art. 140 c.p.c. e', dunque, da ritenersi gia' idonea a garantire i diritti del notificatario, al punto da essere assunta dal giudice delle leggi quale modello per altri tipi di notificazione» [enfasi qui aggiunta]. Anche questo rilievo, tuttavia, se serve ad escludere che la disciplina dell'art. 140 c.p.c. sia intrinsecamente tale da collidere tout coud con i principi costituzionali specificamente posti a presidio dei diritti difensivi (ad esempio, sotto il profilo di un'eccessiva o incongrua brevita' del termine che puo' residuare al destinatario della notifica per compiere successivi atti d'impulso o difesa, le volte in cui egli venisse concretamente a conoscenza dell'atto da notificare diversi giorni dopo la data di spedizione della raccomandata); e' ininfluente al fine di valutare il profilo della disparita' ingiustificata di disciplina che viene ora e qui in evidenza (in relazione al termine massimo di dieci giorni di cui puo' disporre il notificatario) a seguito ed in ragione della modifica apportata all'art. 8 della legge n. 890/1982 dall'art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35. Tale specifico profilo discriminatorio non risulta sia mai stato espressamente esaminato dalla S. Corte, e per la verita' nemmeno dalla giurisprudenza di merito edita, tenuto conto che, pur essendo stata esaminata ex professo la problematica in oggetto in un articolato precedente di primo grado (Trib. Genova 3 novembre 2005, in D & G, 2006, 6, 19 e ss.; nonche' in Resp. Civ. e prev., 2006, 6, 1145), con tale decisione si e' piu' specificamente valutata un'eventuale lesione del diritto di difesa contemplato nell'art. 24 Cost. di cui potrebbe restare vittima il destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c., piuttosto che, direttamente, l'eventuale lesione al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. (anche se, per la verita', tra le pieghe della motivazione, questo profilo sembra comunque presente). Sta peraltro di fatto che con tale pronuncia, ritenutosi che, alla stregua della suddetta modifica normativa apportata dall'art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, l'art. 140 c.p.c. sia divenuto oggi norma meno garantista per il destinatario della notifica di quanto non lo sia l'art. 8 legge n. 890/1982, quel tribunale decidente ha ritenuto possibile pervenire ad un'interpretazione costituzionalmente orientata (ex art. 24 Cost.) dell'art. 140 c.p.c. applicando anche ad esso la regola, prevista dall'art. 8 cit., che fa discendere il momento perfezionativo della notificazione, per il notitificatario, dal decorso del decimo giorno dall'inoltro della prescritta raccomandata, o dal momento anteriore in cui il destinatario abbia ritirato il plico. Tale interpretazione e' stata pero' prospettata facendosi ricorso all'interpretazione analogica sul presupposto - che questa Corte invece non condivide affatto - che l'art. 140 c.p.c. presenti una lacuna quanto a determinazione del momento da cui la notifica prende efficacia per il destinatario. Si tratta di tesi non condivisibile perche' frontalmente in contrasto con l'esegesi consolidata della S. Corte, sopra ricordata, che interpreta l'art. 140 c.p.c. assumendo che, alla stregua del suo tenore letterale e logico, la data di notifica per il destinatario coincida con l'invio della raccomandata. Infatti, l'esistenza stessa di tale interpretazione - a prescindere dall'idea che si possa nutrire sulla sua fondatezza - configura e conforma il precetto normativo in modo da escludere che sia possibile discettare, sul punto, di una vera e propria lacuna. V'e' anzi da aggiungere che, proprio in ragione del gia' segnalato carattere costante di tale interpretazione (tale da renderla «diritto vivente»), affermata ancora ad oggi dalla S. Corte senza alcuna sensibile variazione, non e' comunque possibile prospettare direttamente una interpretazione difforme che si pretenda costituzionalmente orientata, poiche' essa, per quanto giustificata in astratto sulla base ditale profilo, finirebbe verosimilmente per soccombere in caso di impugnativa di legittimita' della pronuncia che l'affermasse al cospetto della suddetta interpretazione nomofilattica consolidata. La soluzione della questione di l.c. non puo' dunque che transitare attraverso il rilievo incidentale della stessa e la sua conseguente rimessione al vaglio della Consulta. In concreto, come si e' anticipato, deve ritenersi non manifestamente infondato il dubbio che l'art. 140 c.p.c. si ponga in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, oltre che con l'art. 24 Cost., se non interpretato ed applicato in modo conforme all'art. 8 della legge n. 890/1982. Sembra infatti probabile, come deducono gli appellanti, che laddove il destinatario di una notifica ex art. 140 non possa beneficiare dei dieci giorni di tempo (massimo) previsti dall'art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 20 novembre 1982, si manifesti un'ingiustificata disparita' di trattamento, con conseguente violazione dell'art. 3 Cost., perche' casi identici verrebbero trattati in modo ingiustificatamente diverso. Di fatto, l'art. 8, quarto comma, dando un termine (massimo) di dieci giorni per il ritiro del piego, elimina in radice l'ingiusta erosione del termine per svolgere le successive attivita' difensive (come nel caso di specie per proporre opposizione a decreto ingiuntivo), riportando la situazione di garanzia delle parti in equilibrio: per un verso, lascia un tempo congruo al destinatario per ritirare l'atto; mentre, per l'altro, non rende troppo onerosa la notifica per il mittente, che, comunque, potra' dare per notificato l'atto decorso il termine di dieci giorni. Un simile effetto non e' garantito dall'art. 140 c.p.c., esponendo il destinatario di una notifica effettuata ai sensi di tale norma ad un trattamento meno garantista, pur in presenza di presupposti di fatto analoghi, e per di piu' sulla base di una scelta della tipologia di notifica che, come gia' segnalato nella citata sentenza della Corte cost. n. 348/1998, viene effettuata, di norma, «da soggetti, l'ufficiale giudiziario e il notificante, privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilita' dell'atto da parte del notificatario: il solo notificante, infatti, puo' richiedere all'ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e, qualora cio' non faccia, l'ufficiale giudiziario puo', a sua discrezione, scegliere l'uno o l'altro modo di notificazione». E' quindi evidente che proprio il controinteressato potra' scegliere di far effettuare una notifica ex art. 140 c.p.c. privando il notificatario della maggior garanzia costituita dalla disciplina prevista dall'art. 8 legge n. 890/1982. Questa evidenza sarebbe gia' di per se' sola idonea a dimostrare la non conformita' a costituzione della detta lettura dell'art. 140 c.p.c. a prescindere dalle (comunque secondarie) differenze strutturali dei due procedimenti notificatori a confronto, poiche' la diversa allocazione del plico o dell'avviso (casa comunale o ufficio postale), o la piu' o meno indicativa serie di notizie fornite ora dall'ufficiale giudiziario (ex art. 40 disp. att. c.p.c.), ora dall'agente postale (ex art. 8 legge n. 890/1982), non possono considerarsi fattori in grado di giustificare una differenziata disciplina che discrimini la tutela del notificatario fino al punto da provarlo del ridetto maggior termine per rendersi effettivamente edotto dell'atto notificando, e cio' per di piu' sulla base di una scelta - in ordine al modo di effettuazione della notifica - rimessa all'unilaterale arbitrio ed interesse del notificante o, nel migliore dei casi, dell'ufficiale giudiziario. Si ripropone dunque, sia pure in senso inverso, quel fine garantistico gia' segnalato sotto questo profilo dalla citata sentenza della Consulta n. 348/1998, con un rilievo direttamente refluente nella sfera dell'art. 3 Cost., ma con riflessi anche indiretti rispetto all'art. 24 Cost., nella misura in cui e' dato comunque ravvisare un difetto differenziale di tutela per il destinatario di una notifica ex art. 140 c.p.c., essendo questi costretto a presidiare con tendenziale continuita' e pervicacia la sua cassetta postale - come da piu' parti e' stato segnalato - anche in periodo di vacanza o ferie, per evitare il rischio di perdere tempo utile al compimento di attivita' difensive che prendano data a partire dall'avvenuta notifica, mentre molto meno rischiosa e onerosa e' la situazione del destinatario di un notifica postale ex art. 8 legge n. 890/1982. Deve inoltre segnalarsi che proprio la pronuncia della S. Corte a S.U. n. 458 del 13 gennaio 2005, laddove fa salva in ogni caso la necessita' che l'avviso di ricevimento sia allegato all'atto notificato (poiche' la sua mancanza provocherebbe la nullita' della notificazione per impossibilita' di accertare che questa sia effettivamente pervenuta al destinatario o nella sua sfera di effettiva conoscibilita') concorre a far emergere il predetto profilo di inadeguata tutela difensiva. Infatti, nel ritenere che la verifica da compiere attraverso la fisica disponibilita' dell'avviso di ricevimento sia «postulata del resto dalla stessa previsione normativa nel momento in cui richiede che la spedizione della raccomandata abbia luogo con avviso di ricevimento», la stessa S. C. finisce per porre implicitamente in evidenza, non importa se consapevolmente o meno, la necessita' di una revisione del suo stesso orientamento, laddove continua ad affermare che per il notificatario la notifica ex art. 140 c.p.c. debba continuare a prendere data dalla spedizione della raccomandata. Non si vede, infatti, che senso abbia continuare ancora a ritenere che l'art. 140 c.p.c. presupponga un'efficacia della notifica per il destinatario coincidente con tale momento pur in presenza della prescrizione normativa dell'invio di una raccomandata con avviso di ricevimento, avviso che sembrerebbe tutt'al contrario esigere la consegna effettiva dell'atto. Ma anche a voler ritenere che in questo caso possa ipotizzarsi un meccanismo di formazione progressiva della fattispecie notificatoria, anche in senso condizionale, analogo a quello disegnato dalla S.C. per il notificante (nel senso che la notifica possa prendere data anche per il notificatario da un momento anteriore alla consegna materiale dell'atto o alla introduzione del medesimo nella sua sfera di effettiva conoscibilita'), non si vede per quale ragione dovrebbe antedatarsi il momento dell'efficacia della notifica per il destinatario solo ai fini dell'art. 140 c.p.c., in palese danno di quest'ultimo rispetto al destinatario di una notifica ex art. 8. Inoltre, la S. Corte, come si e' visto sopra, ha anche ritenuto di escludere I'incostituzionalita' dell'art. 140 c.p.c. sul presupposto della sussistenza di differenze di struttura procedimentale rispetto alla fattispecie notificatoria di cui all'art. 8 legge n. 890/1982, e cio' perche' solo in caso di notifica ex art. 140 c.p.c. verrebbe inviato al destinatario un avviso con cui si da' notizia del tipo e contenuto dell'atto notificando (ex art. 48 disp. att. c.p.c.). Si e' gia' osservato che una tale differenza e' stata prospettata in relazione all'eventuale sospetto di costituzionalita' afferente al tempo di giacenza del plico, e non ai fini di decorrenza degli effetti della notifica per il destinatario. Ma deve ora aggiungersi che la stessa S. Corte, a partire dalla pronuncia n. 458/2005, finisce per considerare irrilevante anche la suddetta differenza strutturale. Essa, infatti, anche se ha ritenuto che per il notificante la notifica ex art. 140 c.p.c. prenda effetto dalla data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, ha considerato comunque necessario che il notificante, esibendo l'avviso di ricevimento, ponga il Giudice nelle condizioni di verificare se l'atto sia stato effettivamente consegnato al destinatario o sia comunque convenientemente entrato nella sua sfera di conoscibilita', il che significa che nessun rilievo ha piu' la circostanza che spedendo l'avviso ex art. 140 c.p.c. l'ufficiale giudiziario metta il notificatario potenzialmente in grado di conoscere la natura dell'atto notificando (il che non avverrebbe spedendo l'avviso ex art. 8, legge n. 890/1982), poiche' cio' che conta, nella nuova ricostruzione interpretativa della S. Corte, e' la produzione dell'avviso di ricevimento come strumento per accertare l'effettiva conoscenza o conoscibilita' dell'atto. Pertanto non vi e' piu' motivo di distinguere le due forme di notifica in esame sulla base ad una differenza - la possibilita' di immediata conoscenza dei dati salienti dell'atto da notificare per la presenza delle indicazioni prescritte dall'art. 48 disp. att. c.p.c. - che non rileva comunque ai fini della decorrenza di efficacia della notifica ex art. 140 c.p.c., ne' per il notificante, ne' per il notificatario. Mancano, in definitiva, motivi idonei a giustificare l'illustrata disparita' di trattamento e di disciplina normativa. E' pertanto conseguente sollevare questione di legittimita' costituzionalita' in via incidentale dell'art. 140 c.p.c. letto alla luce dell'orientamento interpretativo della S. Corte nel senso fin qui rilevato, dovendo questo ritenersi disforme rispetto ai gia' detti parametri costituzionali di uguaglianza e di tutela del diritto di difesa.